Attento a cosa scrivi su WhatsApp: le parole sbagliate possono farti commettere un reato

Occhio a quello che scriviamo su WhatsApp. Usare una parola sbagliata può far commettere un reato, lo sapevi?

Attenzione a quello che scriviamo su WhatsApp. A volte pensiamo che le app di messaggistica siano una specie di far west o un ring dove tutto è lecito. Del resto a spingerci verso questo pensiero è la rapidità di una comunicazione semplice e economica (il costo è al massimo quello della connessione internet).

Parole sbagliate che fanno commettere reato su WhatsApp
Attenzione a cosa scrivi su WhatsApp! – futurocomune.it

WhatsApp, come sappiamo, è la regina delle piattaforma di messaggistica istantanea. Solo nel nostro Paese sono 33 milioni gli utenti che a cadenza giornaliera si scambiano una mole impressionante di messaggi di testo, con contenuti di ogni genere, audio o video.

Quello che è fondamentale capire è che anche in una chat di WhatsApp siamo responsabili delle nostre azioni, in questo caso soprattutto delle nostre dichiarazioni. Scrivere delle parole sbagliate sull’applicazione di Meta potrebbe costarci molto caro. Potremmo infatti commettere un reato. Ecco cosa dice la legge.

WhatsApp, quando usare le parole sbagliate può costituire un reato

Insomma, WhatsApp non è una zona franca dove si può scrivere qualunque cosa senza conseguenze. Rivolgersi a qualcuno con toni offensivi, aggressivi o perfino minatori rischia di farci commettere un reato o almeno un illecito. In sostanza le parole e le frasi che possono farci passare guai con la giustizia riguardano diffamazione, ingiuria e minacce.

Le parole sbagliate su WhatsApp punite dalla legge
Scrivere su WhatsApp in maniera scriteriata potrebbe farci passare un brutto quarto d’ora – futurocomune.it

Per rendersi rei di questi illeciti possono bastare anche una sola parola o una breve frase. Cadiamo nel reato di diffamazione quando lediamo la reputazione morale, personale o professionale altrui in assenza della vittima e in presenza (anche solo virtuale) di almeno altre due persone. L’articolo 595 del Codice penale punisce questo reato con la reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 1.032 euro, pene destinate ad aumentare se il reato è aggravato dalla diffusione a mezzo stampa.

C’è poi l’ingiuria, da tempo depenalizzata. Ora ingiuriare il prossimo è un illecito civile punibile con una multa da 100 a 8.000 euro, elevabile da 200 a 12.000 euro se l’offensore attribuisce un determinato fatto o se l’illecito è avvenuto alla presenza di terze persone. A differenza del reato di diffamazione, la persona offesa deve essere presente quando viene ingiuriata.

Ci sono infine le minacce, reato punito dal Codice penale (art. 619) con una multa da 1.032 euro. In tutte queste ipotesi la persona offesa può anche chiedere un risarcimento danni che può rivelarsi molto superiore alle sanzioni pecuniarie già previste. 

Non esiste un vero e proprio “vocabolario della diffamazione”. Più che le singole parole, a contare sono l’intenzione di chi le usa, il senso dato alle parole da chi le scrive, il contesto e l’opinione (media) della collettività. Occorre inoltre che la vittima sia facilmente identificabile (nel caso dell’ingiuria deve essere anche presente).

Ad esempio anche minacce velate e sarcastiche possono essere considerate reato, non solo quelle manifestamente aggressive. Quando espressioni in sé comuni come ad esempio “ci vediamo presto” sono usate con intento intimidatorio, per prospettare un danno futuro, in questo caso possono integrare il reato di minacce. 

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