Il regime forfettario è una delle opzioni fiscali più gettonate per i liberi professionisti (specie quelli che iniziano l’attività). Ecco una novità da tenere ben presente.
Chi dice “partita Iva” oggi dice molto spesso “regime forfettario”. Il profilo fiscale del libero professionista e di chiunque svolga un’attività autonoma che richieda l’emissione di una fattura un tempo comportava molte costose incombenze. Negli ultimi anni, però, il governo ha deciso di snellire e semplificare la giungla di norme, scadenze e adempimenti, anche e soprattutto per facilitare l’ingresso del mondo del lavoro dei giovani. I quali spesso decidono di iniziare a lavorare mettendosi in proprio.
La partita Iva è infatti uno strumento assolutamente indispensabile per la maggior parte delle tipologie di lavoro indipendente (spesso, ma non sempre, anche affiancate a un lavoro dipendente, vedi il caso degli insegnanti). Per rendere questo regime più vantaggioso e fruibile, il governo negli ultimi anni ha ampliato le famose “soglie” per entrare e restare nel forfettario, e di recente ha varato un “nuovo” formato. Ecco tutti gli aggiornamenti comunicati dall’Agenzia delle Entrate.
Il regime forfettario è stato di per sé concepito come una tipologia di partita Iva in grado di sostituire il precedente regime “dei minimi” (che aveva una funzione molto simile) e offrire gli stessi servizi a condizioni ancor più agevolate, con particolare riguardo ai costi in termini di tasse e carico contributivo obbligatorio. Ci sono però ovviamente dei requisiti da rispettare.
Per aderire al regime forfettario bisogna rispettare alcuni “paletti”, per esempio non essere iscritti ad altri regimi o titolari di altre partite Iva. Ma il vincolo più importante è sicuramente quello legato agli introiti annui. La ratio di fondo – detta in termini spiccioli – è che si tratta di una formula agevolata per chi non guadagna cifre elevate. Ma proprio qui arriva un’importante novità.
A partire dall’ultima legge di bilancio, infatti, il regime forfettario agevolato è stato oggetto di significativi “ritocchi”. La soglia massima di guadagni, fissata a 65.000 euro, è stata innalzata, per consentire a molti altri professionisti di optare per questa soluzione. Ebbene, come comunicato dall’Ade è stata innalzata da 65.000 euro a 85.000 euro la soglia massima di ricavi conseguiti o di compensi percepiti nell’anno precedente per poter applicare il regime agevolato.
Inoltre, se in corso d’anno si registrano ricavi o compensi superiori a 85.000 euro, ma al di sotto dei 100.000 euro, è possibile permanere nel regime forfettario nell’anno in corso. E si fuoriesce in quello successivo, con rettifica dell’IVA non detratta. Ma se viene superata la soglia di 100.000 euro, il passaggio al regime ordinario avviene già in corso d’anno. E andranno assoggettati ad IVA gli incassi che hanno determinato lo sforamento del limite di 100.000 euro.
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